Post in evidenza

Dai miei diari: da, modi di

Italooooooo, tutto bene?

Finalmente ho un po’ di tempo.

Per prima cosa ti ringrazio delle belle immagini che mi spedisci su WhatsApp, le foto della bella casa che ti stai costruendo in quella magnifica terra che è il Cilento. Un progetto che stai curando passo dopo passo e mi ha fatto assai piacere esserti stato utile nella “realizzazione” di quell’angolo di giardino.

È da un pezzo che ci scambiamo idee e ricerche che non solo fanno parte delle bellissime estati d’entroterra, ma senza perderci di vista, condividiamo anche da lontano sentendoci in chat e questo, se posso, è frutto di una grande e reciproca stima. Chissà perché in questo momento sto pensando a Fiore, forse perché vi ho conosciuto nello stesso periodo. Anche sì. Tu con il cinema e lui con la poesia, oltre ad argomenti che toccava in maniera randomica che variavano dalla musica al cibo, dalle arti al folclore, dall’attualità ad Aushwitz. Tutti racchiusi, chissà, nel suo libro che, con grande rammarico, non ricordo dove l’ho messo.

Spero di non averlo dimenticato in Magna Grecia.

Caro Italo, anche questa volta ti rendo partecipe di un bello spettacolo che mi sono perso.

Nelle mie letture appassionate ho conosciuto Michelangelo Buonarroti.

Le ricerche sono difficili.

Mi potresti dire: Donato, ma, non lo conoscevi già? Si, ma… ho conosciuto un artista che, nonostante sia inevitabile nel percorso di uno studente d’arte, come nella didattica di un insegnante, io, da sempre dedito all’Arte contemporanea, con i risvolti dell’ultima saggistica, ho voluto conoscere meglio questo artista e capire che l’arte contemporanea non è iniziata nel 1917 né negli anni ’50 del ‘900 né nel 1981 come recita Panorama Globale, ma nel 1512, quando Michelangelo conclude la volta della Cappella Sistina.

Letture personali.

Mi sono chiesto: ma il Professor Sgarbi scriverà mai un libro sull’arte del XXI secolo? Credo che con Rumore e paura l’abbia fatto.

Esiste un’anima che attraversa le Arti Visive degli ultimi 500 anni e che non permette assolutamente di definire antichi gli artisti che attraversa. Questo spirito è Michelangelo. Scorrendo la storia, questo “gentile” signore, lo troviamo già in Raffaello che ha perfezionato come nessuno le ricerche quattrocentesche. Lo troviamo in Pontormo che è la causa della videoarte di Bill Viola. Lo troviamo nell’itinerante braccio pendulo che da Caravaggio passa a David e prosegue in Lady Gaga. Lo ritroviamo nel Vittoriale come nella compiuta indeterminatezza di Medardo Rosso e Pollock. Lo ritroviamo in Metallo non Metallo dei Bluvertigo, nel Sogno di Jan Fabre e nella Sistina di Cattelan allo Yuz di Shangai. Insomma. Michelangelo è il tema della Storia dell’arte contemporanea, una storia che si fonda sul paradigma della sua maniera.

Rodin è stato un suo garzone 400 anni dopo.

A detta del Vasari “scorticava” i morti, perciò faceva gli stessi studi di Leonardo ma non rimaneva nella filosofia, Michelangelo realizzava inventando corpi, ha inventato un nuovo corpo: ha rivelato lo studio di Dio. Non è possibile essere sovrumani e per certo non-umani, ma avendo capito la perfezione, la Sua idea, l’unico modo per andare “oltre” è essere postumani (termine novecentesco). L’uomo è la perfetta geometria di Dio, l’immagine, l’Idea per eccellenza creata a Sua proiezione, la massima perfezione progettuale quale sintesi della geometria (l’Uomo vitruviano di Leonardo).

Tale perfezione, invalicabile, dove nessuno può prenderne ispirazione, la si può soltanto copiare, e per divenirne imitatori, c’è bisogno di un altro corpo.

La scienza ci ha dato la possibilità di scoprire Dio e per questo imitarlo: da, modi di.

Michelangelo è l’inventore di un nuovo corpo, migliore dei corpi del XXI secolo. La nostra estetica è contaminata da troppa vanità: abbiamo dimenticato la Bellezza. Quest’ultima è una morale che non appartiene agli uomini. L’imitazione di Michelangelo era ragionata non sulla vanità. Se esiste o esisterà una singolarità alternativa alla figura umana, sarà possibile soltanto con la moralità di Dio: il creatore dello studio. Perché di tale scienza ne ha favorito le basi e non può esistere studio senza un ordine.

Se nel ‘400 l’artista diventa libero pensatore, con Michelangelo diventa cosmo, proprio perché imitatore dell’ordine di Dio. La bellezza è un talento, ma in quanto tale ha bisogno di originalità, non di vanità. Dalla vanità possiamo avere soltanto copie.

Nel ‘900 si diceva che Dio fosse morto, oggi invece viviamo il tempo della post-verità, ma non credi che stiamo facendo un po’ di confusione? Se ci mettessimo l’uno davanti all’altro ci renderemmo conto, come credo si sia reso conto Michelangelo, che tale perfezione, tale progetto, è compiuto e non può essere altro che una verità assoluta.

Pensieri personali. Contestabili? Per certo condivisibili. E mi fermo qui.

Caro Italo.

Aspetto la realizzazione della tua Villa degli Artisti, con vista sull’Uomo che Dorme, dove passano i cinghiali. Mi piacerebbe condividerti una nuova ricerca o magari ampliare la ricerca che ti ho postato in questo blog. Però nella sistina che stai realizzando, magari in compagnia di quell’acqua fresca e sorgiva che esce dalla Mercantella, che ad agosto, è un Capolavoro!

Donato.

Dai miei diari: Tu Ragazza

Tu Ragazza

Tu ragazza cosa sei?
40 anni non ti hanno ancora trasformata nella donna che ora sei.
Tra le foglie il vento ha già quel tono rosso / argento.
Donna e madre sai cos’è.
Una voce che combatti dentro un’esperienza.
Chissà che cosa mi dirai?
Fiera di quel vanto che rivela ciò che pensi.

Tu turutu turutu…

Intanto il cielo è sempre blu.
Laddove c’è un incanto non c’è nome non c’è santo.
Non so che cosa mi dirai.
Tra le mani ciò che passa sai non tornerà mai più.

Tu turutu turutu…

Sai non posso più illudermi.
Non conosco i tuoi discorsi.
Già si avvertono i contrasti.
Contraddirmi non ne posso proprio più.

Tu turutu turutu…

Donato Arcella

Un particolare ringraziamento a Pinkey, la mia roadie, e alle registrazioni di Luca.

(foto di Luca Uguccioni)

Dai miei diari: Nonna Lina

Lina la nonnina.
Piccoletta ed arzilla, con le mani sempre impegnate.
Tra pane e freselle, cavatielli e fusilli, la sua allegria trasmetteva a tutti noi.
Un esempio del passato: sveglia, arguta e insistente.
Lina tutto fare, Lina chiacchierona, Lina nonna Lina.

Rosangela Martino

(foto Donato Arcella, color correction Antonio D’Antonio)

Dai miei diari: The Irascibles

Un “ordine” michelangiolesco.

Mi è sempre piaciuta la Scuola di NY, la scuola dell’improvvisazione, il principio dei venti d’Oltreoceano. Il Contemporaneo. È negli anni ’50 che si abbandona il Romanticismo, è in questi anni che muore la natura per dare spazio al concettuale. Muore Parigi per le metropoli del mondo. I sentimenti vengono gettati sulla tela e i progetti diventano sempre più fitti, si diventa registrativi, non più visivi. Diaristici, non più epici. Abbiamo così conosciuto le intenzioni di Dean, come quelle di Kerouac e Pollock. La sfida di Kennedy, l’Empire di Warhol fino alle “Urn” di Weiwei e la tragedia di Palmira. Una lunga rete registrativa che si tesse nel cuore della notte. Non è soltanto il suono di una canzone, ma anche l’abbandono di un tempo nichilista, il risultato di un atto unico, una citazione. L’antologia contemporanea. Il tempo di azzerare la Storia.

Donato Arcella

Dai miei diari: Alternative

Sono alla Conad.

Tostini i Nirvana… quanto lontani.

Una “posa” michelangiolesca.

Non sono mai stati di facile ascolto, non solo per le “urla” e tutti quei feed, ma anche per i testi. Indagando su questi ultimi, tra le traduzioni ufficiali e no, disagi, traumi e conflitti raccontavano un realismo che, chissà, forse hanno realizzato le incognite e le fragilità che stiamo vivendo oggi.

L’urlo di Munch –

I Nirvana sono stati la band che ha aperto la strada alla cultura Altenative. Non ci sono stati soltanto loro, basti pensare Pearl Jam, Smashing Pumpkins e Stone Temple Pilots ma anche realtà geograficamente un po’ più a noi prossime come Oasis, Radiohead e Almamegretta ma se la poetica del power chord (la chitarra) ha visto un apice, questo è stato grazie a loro.

Non sono mai stato a un loro concerto, quelle cose del tipo – ok, l’anno prossimo appena rimettono piede in Italia ci vado – poi morì il cantante.

Tutto ciò che ho visto è stato su MTV, DVD e il Web.

Nei Nirvana non ho mai letto nessuna teatralità o artificio, nessun edonismo né eroismo (quest’ultimo forse si) e nonostante il successo, sono apparsi in questo mondo in un batter di ciglio lasciando veramente poco, ma in quel poco, c’era tutta una performance.

Performativi.

A 20 anni è facile amare i miti, poi questi scompaiono e apprezzi la bravura, avevano quella combinazione tra semplicità, poesia e potenza che nessuna band ha mai avuto. La pennata di Kurt era così secca che la riconoscevi subito, come la figura di Novoselic con il suo basso sotto le ginocchia. Hanno ripulito il rock da qualsiasi irregolarità.

Non potevi rimanere indifferente, quanto perplesso, della loro rabbia e dei loro fraintendimenti.

Conservo soltanto un LP, Nirvana, e qualche DVD.

Perché un best of e non gli album? Perché quando entrai nel negozio e decisi di avere qualcosa di loro, qualcosa di quella gioventù sonica che ho avuto il piacere di vivere in prima persona, vedendo il vinile, sul back, oltre alla magnifica foto in bn, c’erano elencati tutti i brani che mi hanno insegnato a suonare la chitarra, almeno la maggior parte. Come se la Geffen avesse detto: – facciamo questa antologia per Donato –

Una questione sentimentale, oltre il collezionismo, oltre il gossip.

Storia.

I riff diventavano inni per tifosi.

Dave Grohl ha ragione nel dire che il rock ci sarà sempre!

Se c’è stata una cultura che ha saputo dialogare con le masse, forgiando un secolo, è stata proprio questa.

“Non credere mai a chi ti dice che il rock è morto. Chi lo sostiene è uno che non si è mai nemmeno accorto che sia nato…” (Massimo Cotto)

“Se posso però: il rock aveva il distorsore, viviamo in tempi troppo violenti per ascoltare rock.”

Nascono band ancora MOLTO valide e alcune di quel periodo giungono fino ai giorni nostri, ma i “movimenti” sono roba passata, cosa chiedere allora? Niente! È una questione di metodi, c’è così tanta musica che ci perdiamo in un mare randomico e aspettarsi la “guida” di un tempo è ridicolo, qualcuno di quei vj è sulla rete.

Ci sono anche le app.

“Non esiste, ovviamente, né può esistere una conclusione in una vicenda come quella dell’arte contemporanea; proprio perché è una vicenda ancora fuori dalla storia che si svolge sotto i nostri occhi e che muta con lo stesso nostro mutare. Sarebbe davvero da sprovveduti tentare un bilancio conclusivo o azzardare delle ipotesi per il futuro. Cerchiamo di osservare, invece, con interesse e con obiettività, quanto succede attorno a noi, cercando di individuare quel poco o molto di positivo che il panorama artistico attuale ancora è in grado di offrirci.” (Gillo Dorfles)

Donato Arcella

(foto di Jeff Davey)

Dai miei diari: Emozioni

È l’album che ha definito per sempre la storia della musica leggera. È nell’animo di ogni artista. Qualsiasi cantautore deve farci i conti. Emozioni è l’unico titolo possibile per questo LP e la cover, non poteva essere che il Battisti di quegli anni. È l’opera massima di due Artisti, così sublime, che è impossibile replicarla dal secolo Novecento ad oggi. Un’opera dove i contenuti, tanto profondi, non raccontano le emozioni, ma il dialogo che c’è tra loro.

Donato Arcella

Dai miei diari: Hotel

Indie tour bus. Ep. 3 – 24/11/23

Trip e Rossella li ho conosciuti in Accademia, erano membri di un collettivo che si occupava di performance, stanchi di mostre e gallerie si proposero a noi come roadie. La cosa ci piacque.

Con la label mettemmo subito le cose in chiaro.

Il tour non sta andando male, in rete il video spacca e per questo, la label, non si è risparmiata. Un tre stelle niente male, ognuno con la propria cameretta.

Roba di lusso!

Io, ancora tra i corridoi, sto pensando al DS di Ruby accantonato per l’RV-6. Ne ha presi quattro collegandoli tra loro con diversi modi e combinazioni. Uno sperimentatore.

Dall’altra parte c’è il Bar Mexico. Un silenzio che neanche immaginate.

Zona stazione

Rossella è Trinity. Avete presente quella di Matrix? Il primo Matrix! È proprio lei. Però senza la tuta in vinile. Avrei potuto dire anche il Tenente Joshi in 2049, ma per età e modi di fare è più riconducibile a Trinity. Trip Art invece è la copia spiaccicata di Gian Maria Volontè o forse, di Pierpaolo Capovilla quando era giovane. Instancabili (o quasi), con la loro Fiat Scudo ci portano ovunque. Hanno preso la cosa molto sul serio. Sono parte integrante della band. Casomai riuscissimo a produrre un altro EP, chissà, saranno con noi nell’artwork, un po’ come hanno fatto i Pink Floyd con Peter Watts e Alan Styles in Ummagumma.

Ruby è Clark Devereaux dei Goonies, il personaggio furbetto di Richard Donner, il nostro fenderista. Come ho già detto è uno sperimentatore. In realtà non voleva la Fender, per il genere che facciamo cercava una Duesenberg, ma visto i costi ha optato per una Jazzmaster.

Perché Ruby? Per un periodo, nella sua macchina, faceva girare un brano dove il ritornello ripeteva sempre Ruby, da allora lo abbiamo chiamato Ruby. Siamo i fondatori della band e siccome non riuscivamo a trovare altri componenti (stavamo sempre seduti al tavolo di una pizzeria dalla categoria incerta con un pugno di testi) andammo a “piangere” da Conte.

Conte è il nostro batterista, il filosofo, l’arrangiatore. Non ho mai capito perché Stefano lo chiama così. Aperto alle contaminazioni il suo motto è: sui generis. È lui che trasforma le nostre canzoni, merito anche della band, certo! Però come dire, ha insistito molto nello spingere il progetto in questa direzione. Qualcuno ha detto che somiglia a Fru dei Jackal. Ma anche no. A vedere ci potrebbe anche essere: spiritoso, silenzioso, intellettualoide.

Senza il suo garàge non credo che saremmo arrivati alla label, all’EP, al video e in tournée. Non è un caso che ho scritto un piccolo brano che si chiama proprio così: Gàrage.

(Nanni, insieme a Toxi e Tucci il ladro, voleva diventare il più grande giocatore di fantacalcio. Non ci è riuscito! Allora si è comprato una chitarra)

Nanni è l’uomo con la Peavey T-60, una chitarra elettrica che comprò a buon prezzo in uno studio di registrazione a Grumo Nevano. Se la porta anche in spiaggia. Quando aveva i capelli lunghi somigliava a Thurston Moore, tagliandoli, è diventato Jovanotti. Siamo quelli che fondamentalmente scrivono i pezzi, non sempre siamo d’accordo, amiamo entrambi il cut-up, una cosa ci accomuna, perciò, le nostre canzoni sono fotografie accompagnate da bei ritornelli: niente di logorroico. C’è molta musica ed è qui che entrano in gioco la Jazzmaster di Ruby e il basso di Dario (Ulisse).

Ci siamo visti crescere. Balcone di fronte. Alveari umani di periferia. Casermoni, sopraelevate e polvere con vista sul Vesuvio. Diciamo così, quando non c’è foschia si vede Ischia. Il padre mi ha insegnato la fotografia.

Non sapevo che conoscesse Bekim.

Dario, con il suo basso Fender made in Japan, è il nostro cantore, il nostro Bekim Fehmiu. Quando siamo in viaggio, nella Scudo di Rossella e Trip Art, ci racconta sempre il mito, sembra di stare a Paestum. Bekim non fa parte della band, ci colpì come arrangiò, insieme a Nanni, Third Stone From The Sun di Hendrix. Avrei preferito un pezzo tipo Giant Peach dei Wolf Alice, ma quando l’ascoltammo: roba pazzesca!!! Da allora è in tour con noi. Lo ricordo dai tempi del Mojo Live.

Io sono Bicio, colui che nel pieno della notte sta scrivendo questa pagina di diario, l’anima acustica della band, ho una SigmaGuitars spalla mancante preamplificata: bella chitarra. Un giorno ve ne racconterò la storia, una vera e propria storia d’amore. Anch’io, come Ruby, amo il Boss RV-6 ma ne ho uno, non quattro.

Porto sempre con me il cd ‘Round About Midnight, non solo perché mi piace l’album, ma perché ho sempre amato la cover; infatti, ha ispirato la copertina del nostro EP.

Dicono che somiglio a Fabrizio Frizzi, perciò: Fabrizio, Brizio, Bicio.

Summertime – non riesco a dormire.

Le registrazioni le avremo domani pomeriggio nello stesso studio dove Nanni ha comprato la T-60. Dormono tutti, c’è un gran silenzio. La label ha deciso di metterci in pausa proprio per queste registrazioni, un nuovo brano per un nuovo video, si vede che Stefano è ispirato.

Mi è capitata la stanza che affaccia proprio sulla piazza. Fa freddo. Era da un po’ che non venivamo qui. Le registrazioni dell’EP le abbiamo fatte ad Erba, merito di Raffaele, ci ha trovato un produttore con i fiocchi e proprio da qui è partito il tour.

Affacciandomi, vedo la Feltrinelli al lato. È tutto chiuso. Affrontando le luci basse, tra le scale dell’albergo, scendo.

Sono circa le 4:30, senza traffico è tutt’altra storia. Mi siedo su un coso. Si! Quei cosi di cemento che delimitano la strada. Sono seduto proprio in mezzo alla piazza. Sento da lontano Summertime, la versione di Parker, non riesco a capire da dove proviene, forse un balcone, una macchina, chissà. Osservando il Bar Mexico poco distante, dietro di me comincio a percepire i passi di una persona che si avvicina, è la donna della reception. Credo una coetanea. Longilinea con i capelli neri lunghi e il fascino di Irene Papas, mi porge una tazzina di caffè. Con un fortissimo accento cilentano mi dice, indicando con lo sguardo il Mexico, <signore è lo stesso>. Sorpreso! La ringrazio, prendo la tazzina, mi favorisce anche lo zucchero, ma molto gentilmente gli rispondo <no grazie> e, perplesso, bevo il mio caffè. Gli ridò la tazzina e lei tranquillamente, attraversando la strada, ritorna alla reception.

Rimango di ghiaccio.

Pensando ai miei compagni a letto e alla donna del caffè, mi soffermo sulla Summertime di Charlie Parker, domandandomi ancora da dove provenisse. E dal Bar Mexico, volgendo lo sguardo verso la stazione… si fece sera e si fece mattina, un nuovo giorno.

Donato Arcella

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora